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Un abbinamento da Sapiens

E’ indubitabile che per festeggiare un incontro o sottolineare e la piacevolezza dello stare insieme sia quasi immediato pensare ad uno champagne. Senza nulla togliere all’effettiva qualità e al valore simbolico del più celebre spumante francese, ci permettiamo di suggerire altrimenti (qualcosa sulla nostra idea di abbinamento si può leggere qui).

I motivi che ci fanno uscire, per così dire, fuori dal classico “ostriche e champagne” sono tre:

1. Il vino che abbiamo in mente è in se stesso un incontro e un matrimonio d’amore;
2. Questo incontro poi si “sposa” assai felicemente con un altro elemento tipico della giornata degli innamorati, ossia il cioccolato;
3. Infine si tratta di un vino che è dolce, ma non stucchevole. Molto morbido, ma fragrante al tempo stesso.
4. Questo quarto punto è un Bonus, perché è ora che lo sappiate: l’abbinamento ostriche e champagne è terribile! Qualcuno doveva dirlo.

Meglio champagne e foie gras. Per le ostriche invece, vi suggeriamo di aggiungere una goccia di Vernaccia di Oristano Doc. Ma questa è un’altra storia…

Oggi vogliamo parlarvi di un grande vino prodotto dai nostri cari amici Mario Pojer e Fiorentino Sandri che si chiama Merlino, perché è magico davvero (cf. qui).

Solo poche settimane fa il nostro ultimo incontro con Mario!

Un’idea che viene da lontano

Il più grande problema dell’enologia dei secoli anteriori a Pasteur e alla moderna tecnologia di vinificazione era quello di conservare il vino. Uno dei rimedi più efficaci, scoperto a metà del XIII secolo, fu quello di aggiungere al vino altro alcool, per impedire fermentazioni e acetificazioni indesiderate.

Oggi sappiamo il perché di questa tecnica: con un elevato grado alcolico, i lieviti fermentativi muoiono; e se l’alcool viene aggiunto a fermentazione non completa, rimarrà nel vino un residuo zuccherino, che manterrà quindi un gusto dolce al liquido. Questa in sostanza è l’idea che soggiace al Porto, forse il più conosciuto al mondo fra i vini cosiddetti fortificati.

O, per chi preferisce il lessico alla francese, vini mutizzati. I cugini d’oltralpe infatti, con il loro consueto estro comunicativo, chiamano l’aggiunta di acool mutage, mutizzazione, giocando sul fatto che con il conseguente aumento di gradazione alcolica cessa il ribollire gorgogliante del mosto in fermentazione.

Un pò di Porto in Trentino

Dai loro viaggi di studio e confronto, in zone e cantine celebri, Mario Pojer  e Fiorentino Sandri riportano sempre idee e fermenti. Fin da subito virtuosi distillatori – celebre è l’aneddoto che racconta come la guardia di finanza scoprì la grappa clandestina che il giovane Fiorentino Sandri distillava a casa -,  ebbero l’intuizione di usare il loro brandy per fortificare uno dei vini che producevano.

Così divennero l’unica azienda italiana che produceva in proprio i due elementi che formano un vino fortificato (convinti fautori di collaborazione e associazione, si distinguono anche per il contributo al risveglio della sensibilità per la produzione italiana del distillato: cf. qui ). Il controllo della qualità è pertanto assicurato e gli standard produttivi non si abbassano mai.

Rispetto al celebre Porto, la via della fortificazione è gestita in modo un pochino diverso. Se sulle rive del Douro lo stile ossidativo è piuttosto marcato, e famosi sono i Vintage, con lunghi affinamenti in bottiglia, a Faedo è solo il brandy ad essere lungamente invecchiato.

Il risultato è un’incredibile miscela di sentori. Proprio dal lungo affinamento in botte, del brandy sono il profumo di cacao, di vaniglia, di spezie. Dall’altra parte, i sentori fruttati di ciliegia e di marasca fanno parte del tipico “corredo” del lagrein, che conserva – all’interno del prodotto finale – tutta la sua fragrante freschezza.

Anche ai nostri piccoli piace l’uva di Pojer&Sandri. Qui siamo nei loro vigneti in Val di Cembra, a Maso Besleri.

Due componenti fusi insieme

Per distillare il brandy, si parte da una base che di fatto è una porzione del vino che verrà poi usato per le basi spumante dell’Azienda. Quindi una particolare spremitura da uve chardonnay, pinot nero e pinot bianco. Inutile dire che la qualità è alla base! Per non parlare dell’esperienza e delle innovazioni nel processo di distillazione in quel di Faedo! Basti ricordare che il liquido alcolico affina almeno 10 anni in botte, poi un altro periodo in acciaio.

L’assemblaggio con il lagrein avviene quando il mosto in fermentazione arriva intorno ai 4 gradi alcolici. La percentuale di brandy che si aggiunge al lagrein arriverà a circa il 30-40 % della porzione totale. Una volta assemblati, ai due liquidi si lascia ancora del tempo per amalgamarsi meglio, nella quiete silenziosa delle botti dove era stato ad affinare il brandy.

Una sorta di luna di miele, in cui il brandy porta il lagrein a conoscere i luoghi dove lui è maturato.
Solo quando i due hanno avuto modo di fondersi insieme, esaltando l’uno le caratteristiche dell’altro, il Merlino viene imbottigliato. Un’altro colpo di genio: indicare in etichetta le due annate: ad esempio, sulla bottiglia che è uscita sul mercato nel 2021, la vendemmia del brandy è quella del 2005 e quella del lagrein è la 2018.

 

Una foto di qualche anno fa, sulla strada che da Faedo scende in val d’Adige, con un panorama incredibile sull’imbocco della Val di Non

 

Un caleidoscopio di sensazioni, da completare con un ultima gioia

Un vino unico e armonico, in cui solo la forzatura di un esame organolettico da professionista scomporrà i vari elementi. La magia del Merlino consiste proprio in un’equilibrata complementarietà. La dolcezza portata dagli zuccheri residui nel mosto “mutizzato” è bilanciata dalla freschezza del brandy.

Un vino dolce ma non sdolcinato, quindi. Il tannino, comunque presente nel lagrein, è ammansito dalla morbidezza della componente alcolica. Una struttura importante e un corpo di tutto rispetto, allegeriti però dai sentori e dagli aromi fini e delicati della frutta del lagrein.

Un connubbio che paradossalmente dà il meglio di sé aprendosi a stimolazioni sensoriali terze: in un palato intriso dall’untuosità del burro di cacao e già colpito dai tannini presenti nel cioccolato, non può avere piacevolmente spazio il sorso di un rosso qualunque. Occorre un vino duplice, che agisca sui due fronti, pur rimanendo sempre e armonicamente uno.

L’assaggio di cioccolato e di vino non provocherà una sensazione gustativa consequenziale, ma all’interno della bocca i due elementi potranno fondersi davvero, amplificandosi e raggiungendo un effetto di piacevolezza ineguagliabile.

 

Quando assaggiai per la prima volta un calice di Macchiarossa, ne rimasi immediatamente colpita.

Non sapevo nulla di quel vino. Non ne avevo mai sentito parlare.

Così accadde che una sera come le altre, durante la cena, mio marito mi avvicinò il suo calice chiedendomi di provare. Ne bevvi un piccolo sorso, distrattamente…

E allora, come sempre succede quando lo straordinario irrompe nella quotidianità, quel vino catturò la mia attenzione. In realtà quasi mi costrinse in maniera prepotente a rientrare dalla mia evasione alla realtà. No, dopo aver deglutito quel piccolo sorso non ero più distratta. 

Immediatamente tutti i miei sensi erano tesi, sveglissimi e in allerta. Quell’assaggio mi aveva reso nuovamente presente alla realtà. Intuivo che nell’aria, o forse meglio dire nel bicchiere, c’era qualcosa di molto importante. 

Così decisi di entrare in relazione con quel vino, di cui ancora non conoscevo nulla. 

Ebbene, pensai, presentiamoci!

Così iniziò un’avventura bellissima, che si rinnova anno dopo anno, alla scoperta della Tintilia del Molise del Signor Claudio Cipressi.

Se avete dato già un’occhiata ai nostri prodotti o avete letto qualcuno fra gli articoli del blog, potrete aver inteso che l’enoteca Vino Sapiens vorrebbe distinguersi per originalità. Eppure, lo diciamo da subito, non siamo affatto snob. Ossia non disdegniamo per principio alcun vino fra i più celebrati e rinomati (purché siano davvero buoni, ben inteso), né ci rifiutiamo di consultare ed usare le guide di settore. Ancor più, non siamo contro o anti rispetto a categorie di vini, nemmeno quelle non vicine ai nostri gusti.

Non intendiamo demonizzare vini convenzionali, o disprezzare quelli biodinamici, e così via; nemmeno ci schieriamo a favore di una parte a discapito dell’altra. Chiarito questo, ribadiamo che da noi vini generalmente noti e apprezzati da tutti difficilmente li troverete. Non perché non ci piacciano, ma perché si possono trovare dappertutto!

Sono a disposizione di tutti, almeno per chi voglia spendere qualcosa in più per una bottiglia di vino. Il nostro lavoro, invece, vuole essere una guida in spazi poco battuti e frequentati. Coinvolgendoci in prima persona, facendo valere anche per noi questo principio, vorremmo che i nostri clienti potessero esclamare all’assaggio “buono, non lo conoscevo!”. Ancora di più: “buono, non lo immaginavo!”.

L’universo del vino è infatti così vasto e ricco che pare davvero un peccato fermarsi alle quattro denominazioni più pubblicizzate ed ormai considerate come must. Ammesso che fama corrisponda a qualità diffusa, lasciamo che altri percorrano vie rassicuranti e confortevoli. A noi piace la scoperta e l’inconsueto, pur non essendo stravaganti né anarchici.

Quindi, non un’enoteca generalista, nei cui scaffali giacciano bottiglie fatte apposta per piacere senza distinzione e rispondere ad un mercato che rincorre vecchie mode o nuove imitazioni. Vorremmo invece aiutare il cliente a scoprire nuove strade e nuovi territori, dopo averli sperimentati prima noi.

Non crediamo sia lungimirante fare proprio, a priori, l’intero catalogo di agenzie di distribuzione che zelanti commerciali di solito propongono tout court. Non perché non ci si fidi di selezionatori che sicuramente ne sanno più di noi: il fatto è che ci piace troppo girare per vigne e cantine, ascoltare dal vivo i produttori e le loro storie visionarie.

L’Italia del vino rappresenta una bellezza troppo affascinante per non frequentarla in ogni angolo, accesi di passione per Bacco e pure per amor patrio: “La vigna, mi dissi, è la pianta che può simboleggiare l’Italia.

Non solo l’Italia, tra tutti i paesi della terra, è quello che produce la maggiore quantità di vino; ma non c’è nessuna delle nostre regioni che non ne produca. Lasciar decadere questa tradizione, perdere questo patrimonio millenario, vorrebbe dire, molto probabilmente, cominciare a sparire come nazione” (Mario Soldati, Vino al Vino. Alla ricerca dei vini genuini, rist. Milano 2006, 179).

In un frangente storico in cui ci vogliono abituare ad avere tutto a casa nostra, ordinando on line e attendendo il corriere comodamente sul divano, Vino Sapiens vorrebbe al contrario invogliare a mettersi in viaggio.

Sarebbe davvero unico che il primo incontro con un’etichetta “avvenisse nel luogo di produzione o comunque vicino alle vigne, dentro un paesaggio, una storia, una gastronomia” (C. Langone, Dei miei vini estremi. Un ebbro viaggio in Italia, Venezia 2019, 15). Molte volte abbiamo provato questa emozione, e vorremmo condividerla.

Acquistare una bottiglia da noi avrà questa garanzia: vini peculiari accompagnati da una storia, che costruiremo giorno per giorno. Andando assieme ai nostri amici in viaggi organizzati, raccontando vite e viti, intessendo relazioni fra produttori e clienti, narrando di climi, profumi, paesaggi. Cercheremo di non tediarvi con fredde schede organolettiche, né posteremo foto un pò artificiali da wine instagrammer.

Avremo, sì, anche noi l’e-commerce, ma nell’ambito di una comunità di appassionati fedeli, con cui condivideremo cultura e piacevolezza di bevute.

E non vi preoccupate se capiterà che il nostro punto vendita sarà talvolta chiuso anche in giorni consueti all’apertura: saremo in viaggio, sulle tracce di vini con personalità e delle persone che li fanno. Ma torneremo! Magari non proprio con i grappoli d’uva su stanghe di legno come i biblici esploratori tornati dalla Terra Promessa, ma con lo stesso entusiasmo e con sicuro buon bottino. 

E brinderemo insieme!