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Fondazione Mach, 10 Agosto 2023 ore 11.00. 

Siamo in attesa che inizi il nostro turno di degustazione. Intorno a noi 40 tra produttori, vivaisti, accademici ed enologi. Siamo ansiosi di poter partecipare, insieme a tanti “tecnici” del settore, all’assaggio… del futuro. Ci chiediamo se finalmente ci sarà un buon riscontro anche per i vini ottenuti da varietà resistenti a bacca rossa, che sapevamo essere ancora un passo indietro rispetto ai bianchi.

Già l’anno scorso, di questi tempi, entravamo finalmente nella cantina dove sono conservate alcune migliaia di bottiglie con le microvifinicazioni sperimentali curate all’Isituto di San Michele all’Adige. Si tratta del risultato di centinaia di piccole vendemmie, in media 30 kg d’uva ciascuna, dei vigneti dove si testano le nuove varietà ottenute da incroci naturali, per impollinazione.

Allora era la prima volta che assaggiavamo un campione da uve piwi (per una generale descrizione della categoria, cf. qui) vinificato secondo un protocollo semplice e standard, studiato semmai per evidenziare al massimo le qualità e le potenzialità del vitigno. Al netto degli accorgimenti e delle intuizioni che ogni produttore utilizza per ottenere il vino che meglio incontri la sua sensibilità. Insomma, la varietà nuda e cruda. 

Un assaggio degli assaggi.

Nell’estate scorsa, ci introduceva – soli – in questa sala del tesoro, Marco Stefanini, il Direttore del Centro per il miglioramento genetico della vite. Con lui avevamo già visitato altre volte il semenzaio, la serra e la “sala delle torture”, dove le nuove varietà sono seminate, germogliano e sono messe a confronto con il “nemico” come non mai. In un ambiente dove la pressione e l’attacco dei funghi è al massimo, favorito da umidità e altri fattori creati artificialmente per stressare le piccole piantine. Solo quelle che resistono sono poi di fatto messe a dimora in campo e studiate dal punto di vista agronomico. Alla fine di ulteriori selezioni, si vinificano le uve. Anche nei campi sperimentali eravamo già stati accompagnati più volte. Rimaneva l’ingresso in cantina e nella sala degustazione. Finalmente avemmo una prima impressione.

Un anno dopo

Oggi un’altra e più istituzionale occasione, organizzata presso la Fondazione Mach in collaborazione con Civit (Consorzio Innovazione Vite) di Trento. 12 assaggi di microvinificazioni della vendemmia 2022, sempre con Marco Stefanini, questa volta accompagnato dal Responsabile di cantina, l’enologo Tomás Román Villegas. La degustazione è stata di altissimo livello tecnico ed enologico. Di ciascun vino presentato ci erano mostrati i dati agronomici del vitigno e della vendemmia,  insieme alle analisi di laboratorio dei campioni. Potevamo così verificare con più obiettività le sensazioni organolettiche percepite durante gli assaggi valutativi. 

Numeri, nomi e caratteri diversi

Circa 80 partecipanti, ad evidenza di un aumentato interesse e di più ampia discussione scientifica intorno alle varietà resistenti. 12 i vini presentati, di cui 6 da uve a bacca bianca e 6 a bacca rossa. Palma, Charvir, Valnosia, Sauvignier Gris, Pinot Regina, Nermantis, Termantis, i nomi delle varietà già “battezzate”, le prime 4 a bacca bianca, le altre a bacca rossa. Le rimanenti 4 hanno ancora nomi in codice. Alcune di esse sono varietà resistenti piramidizzate, ossia con fattori di resistenza alle malattie multipli e accentuati. Proprio il non esiguo numero di incroci presentati è significativo. Oltre alla verificata ed effettiva resistenza in vigneto – per ricordare cosa ciò significhi in termini di sostenibilità, si può vedere qui  – , e alla sempre più alta qualità organolettica dei vini prodotti da queste sperimentazioni, si fa ricco e davvero interessante il campionario in cui muoversi. Tutto ciò si traduce nel fatto che il viticoltore potrà, supportato dalla grande mole di dati analitici a corredo e dall’assistenza del personale di Fondazione Mach, valutare la varietà, o le varietà, corrispondenti al suo territorio e alla tipologia di vino che ha in cuore di fare.

Cosa ci rimane da questo incontro? 

Certamente il fascino di aver potuto testare, attraverso l’assaggio, le varietà in se stesse, nude e senza fronzoli. Senza interpretazioni personali del singolo produttore e senza influenza di particolari e specifici terroir ma, come dire, con tutta e sola la potenzialità varietale. Attraverso una vinificazione eseguita con lieviti neutri, medesimi per tutti i campioni e senza altre aggiunte di cantina, fatta eccezione per i necessari solfiti di conservazione. Tutto ciò, per un assaggiatore professionista, è sempre un’occasione di grande crescita. Di questo siamo molto grati.

Inoltre, la gioia di aver potuto constatare che anche le varietà a bacca rossa, infine anch’esse, hanno dato vita a vini di alto livello. Ed erano solo delle microvinificazioni! È stato davvero come affacciarsi in una nursery piena di bimbi appena nati: commovente e bellissimo. Chissà cosa accadrà quando queste nuove varietà troveranno una dimora appropriata e vasta che ne amplifichi le potenzialità. Quando incontreranno il coraggio di un produttore appassionato e illuminato che ne usufruirà quale strumento per esaltare il territorio in cui vive, trasformandole in un vino indimenticabile. Insomma, abbiamo assaggiato un futuro che è sempre più a portata… di calice.

Al termine della degustazione, con Marco Stefanini (al centro) e Vincenzo Betalli, di Civit (a destra)