Una fra le tante sensazioni e suggestioni provenienti dalla visione della trilogia cinematografica del Signore degli Anelli, corroborata da quella posteriore de Lo Hobbit, come pure dalla lettura dei rispettivi libri, è la nostalgia per la vita piacevole e divertente degli Hobbit, celebre per le ghiotte scorpacciate innaffiate da fiumi di birra e concluse da solenni fumate di erba pipa. Uno stile di ben vivere contagioso: pure il saggio e austero Gandalf è un’estimatore del “Vecchio Tobia”, la più famosa “marca” di erba pipa della Contea, ma anche Nani e Uomini, perfino Elfi, apprezzano con gusto birra e fumo.
Tutto sembra combaciare con l’immagine comune e forse superficiale degli usi anglosassoni. Se pensiamo ad un pub londinese, subito immaginiamo pinte e pinte di birra. In realtà, le cose non stanno proprio così; almeno nei secoli passati, a Londra era il vino ad innaffiare le gole assetate. L’Inghilterra è stata probabilmente la nazione che maggiormente ha influenzato il mercato del vino, e ancora oggi Londra è sede della più autorevole istituzione nell’ambito della sommellerie, l’Institute of Masters of Wine
In effetti, tutta quella birra in Tolkien lascia un pochino perplessi, nonostante si conosca il nome del suo pub preferito, ad Oxford, l’Eagle and Child, dove si incontrava con i suoi sodali.
A ben vedere, tuttavia, anche il vino trova ampio spazio, e, se nei testi originali è certamente più facile scoprirlo in tante pieghe e dettagli, pure nella resa cinematografica il vino ha il suo posto, di primo piano per di più. In particolar modo, sono i barili di vino – vuoti per la verità – ad essere al centro della scena della fuga di Bilbo e dei Nani dalla prigionia degli Elfi Silvani.
Quei barili rifornivano la cantina del Re Thranduin, il quale aveva gusti raffinati e peculiari. Il vino che si consumava alla sua tavola infatti era quello, ben più forte dei vini comuni, che proveniva dalle lontane terre di Dorwinion. Le vie commerciali di tale vino erano soprattutto mari, laghi e fiumi, e il traffico di barili era proprio il trait d’union fra il regno degli Elfi e la più prossima città degli uomini, Pontelagolungo, che nella vicenda dello Hobbit finirà poi distrutta dal famigerato drago Smaug. I barili vuoti venivano restituiti agli uomini della città sul lago sfruttando la corrente, e di fatto così riescono a fuggire i nani. Più complicato era il viaggio di andata con i barili pieni. Tolkien ci racconta come venissero legati insieme quasi a formare zatteroni poi spinti con pertiche e remi, o anche caricati su barche piatte che risalivano il fiume. Su come invece da Dorwinion giungessero alla città non sappiamo molto, si accenna a navi e a strade.
Tornando invece al vino, sappiamo che era destinato esclusivamente ai banchetti del re, e lo si doveva bere in coppe più piccole rispetto ai larghi boccali comuni. Così, quando con la scusa di assaggiare la nuova partita di vino, prima di servirla al banchetto del re, maggiordomo e capo delle guardie bevono esageratamente, ben presto si addormentano ubriachi, e Bilbo può mettere in atto il suo bizzarro piano di fuga. Sempre a proposito del nostro Hobbit, sappiamo, fra l’altro, che il padre imbottigliò un’annata eccezionale di “Vecchi vigneti”, una riserva celebre, del Decumano sud della Contea. Particolarmente longevo, perché le numerose bottiglie oltre ad essere usate dalle due generazioni di Baggins, accompagnarono anche i compleanni di Frodo fino alla sua partenza dalla Terra di Mezzo.
Nella saga abbiamo quindi sia delle denominazioni d’origine, diremmo noi, sia vini che nel loro trasporto richiamano ciò che ben conosciamo: l’immagine delle zattere di barili non evoca forse il trasporto, in discesa e sfruttando la corrente fluviale, del Porto dall’alta valle del Douro alla città atlantica, da dove poi riparte per mille destinazioni. Certo, in Tolkien il flusso è invertito: a scendere lungo il fiume sono i barili vuoti, mentre quelli pieni risalgono la corrente.
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Da “ossidato” a “ossidativo”: se un difetto diventa grande pregio
L’accostamento al Porto sarebbe dunque calzante e appropriato, conoscendo poi quanto l’Inghilterra amò il nettare portoghese. Eppure, ci piace evocare e suggerire insieme alla (ri)lettura delle più importanti e belle pagine del Signore degli Anelli un altro vino navigato: una buona bottiglia di Madeira; forse corrisponde meglio all’idea di un vino da una terra lontana e misteriosa, in botti e su vie d’acqua leggendarie. Madeira, di cultura vinicola portoghese, (quasi) Africa in realtà, è ideale come immagine di una terra esotica, feconda e generosa come la tolkeniana Dorwinion.
Con un calice di Barbeito, ci sediamo dunque alla tavola del Re degli Elfi, e immaginandoci pure noi nella Compagnia dell’Anello, brindiamo a Tolkien e al suo genio, senza dubbio ispirato anche dal buon bere. Cullati fra le sensazioni aspre e forti degli aromi e la successiva morbidezza del gusto, sarà più facile immergersi nelle mirabolanti vicende della Terra di Mezzo…
Buona lettura, e prosit!!