SPEDIZIONE GRATUITA SOPRA I 99€ | CONSEGNA IN ITALIA IN 2 - 3 GIORNI LAVORATIVI

Quando assaggiai per la prima volta un calice di Macchiarossa, ne rimasi immediatamente colpita.

Non sapevo nulla di quel vino. Non ne avevo mai sentito parlare.

Così accadde che una sera come le altre, durante la cena, mio marito mi avvicinò il suo calice chiedendomi di provare. Ne bevvi un piccolo sorso, distrattamente…

E allora, come sempre succede quando lo straordinario irrompe nella quotidianità, quel vino catturò la mia attenzione. In realtà quasi mi costrinse in maniera prepotente a rientrare dalla mia evasione alla realtà. No, dopo aver deglutito quel piccolo sorso non ero più distratta. 

Immediatamente tutti i miei sensi erano tesi, sveglissimi e in allerta. Quell’assaggio mi aveva reso nuovamente presente alla realtà. Intuivo che nell’aria, o forse meglio dire nel bicchiere, c’era qualcosa di molto importante. 

Così decisi di entrare in relazione con quel vino, di cui ancora non conoscevo nulla. 

Ebbene, pensai, presentiamoci!

Così iniziò un’avventura bellissima, che si rinnova anno dopo anno, alla scoperta della Tintilia del Molise del Signor Claudio Cipressi.

«…”Noi, quelli che ci ostiniamo a fare questo vino, lottiamo tutti gli anni contro due geli. Si vendemmia, a volte, dopo la prima neve. E, a volte, nevica, o addirittura gela, quando già le prime gemme sono spuntate. Ma non crede che proprio da questa lotta, da questo rischio, da tutte queste difficoltà si sprigioni il sapore, unico e sovrano, di questo vino? Così, a volte, con le sofferenze, un uomo si affina…se riesce a superarle senza inacidirsi…” Umanità del vino!»

M. Soldati, Vino al vino. Viaggio alla ricerca dei vini genuini, rist. Milano 2006, 189.

Queste parole pronunciate, nell’autunno del 1968, dall’abbé Bougeat, e riportate da Mario Soldati nel racconto del suo viaggio in Val d’Aosta, ci impressionano e suscitano, rileggendole, emozioni e ricordi vivissimi.

La prima, e finora purtroppo unica, occasione in cui siamo stati a Morgex è stata nel luglio del 2017. Un anno eccezionale, ma non in senso positivo: abbiamo ancora ben presenti i momenti in cui, inerpicandoci fra i vigneti così caratteristici, sentivamo le grida dei vignaioli che ci chiamavano per mostrarci qualche piccolo grappolo di prié blanc: si trattava – purtroppo – di un’assoluta rarità. Quell’anno le viti produssero il 95% in meno! La notte fra il 19 e il 20 di aprile il “secondo gelo” compromise del tutto, o quasi il raccolto, così che, di fatto, dalla vendemmia 2017 di bianco di Morgex e La Salle ne è stato prodotto solo pochissimo

. Nell’edizione 2018 del Vinitaly, tentammo invano di ritrovare qualche produttore: allo stand istituzionale della DOC Valle d’Aosta ci dissero mestamente che dalla Valdigne quell’anno non era venuto nessuno.

Lo scoprimmo in una manifestazione a Siena, il prié blanc, nelle varie declinazioni che la cantina sociale Cave Mont Blanc presentava. Per inciso, questa cantina nasce sulle basi di una precedente associazione di viticoltori di Morgex e La Salle ideata e sostenuta proprio da quel Bougeat, che fu parroco del paese fino al 1971.

Dall’assaggio dei vini e dal breve colloquio con il presidente della cooperativa, nacque subito un desiderio di conoscere di più quel vitigno, ed accettammo senza indugio l’invito di partecipare ad un’insolita manifestazione organizzata a Morgex: la Toupie gourmanda, la pergola golosa, in valdostano:

una camminata o, meglio, una scarpinata fra le basse pergole delle viti e i terrazzamenti, inframmezzata da degustazioni – nei pressi di capanni e casupole dei diversi vigneti -, di cibi locali e tipici preparati da magnifici Chef, in abbinamento a calici dei vari produttori. 

 

Così la terza domenica di luglio passammo una giornata immersi in un’atmosfera familiare e divertente. Se da una parte si avvertiva la preoccupazione e una velata tristezza per un’annata che si annunciava davvero pessima, dall’altra si percepiva l’unione e la determinazione dei follemente ostinati viticoltori di Morgex:

abituati alle asprezze della vita montanara, temperano la dura precarietà e l’incertezza delle vendemmie con una vera dimensione familiare delle aziende, nelle quali la viticoltura non è quasi mai l’unica attività.

La stessa conformazione della pergola, assai più bassa del consueto, sostenuta da una sorta di colonnine in pietra locale, adatta a reggere anche la spessa coltre della neve, esprime qualcosa della gente del posto. Sostengono i pesi della vita.

Ma lo fanno con la leggerezza dei fanciulli: in quei luoghi, scolpiti tanto dalla natura quanto dalla fatica appassionata dell’uomo, si muovono meglio i bambini.

La breve distanza fra la terra e la parte aerea della pergola deve essere ridotta perché la vite possa assorbire tutto il calore possibile anche dal suolo: così, mentre un adulto deve lavorare scomodamente, i piccoli sono privilegiati e portano la loro allegria nella durezza del lavoro in vigna.

Ma non si vuole descrivere un clima e un’atmosfera alla “Heidi”: qui le tecniche enologiche sono all’avanguardia, e l’ossequio rispettoso alle tradizioni non impedisce novità coraggiose. Introduciamo così due cantine, che ci sono parse fra le più rappresentative della zona.

 

La prima, già menzionata: Cave Mont Blanc, cooperativa di un’ottantina di soci viticoltori, che prima delle altre si è impegnata nella spumantizzazione del prié blanc, con ottimo successo: la grande acidità dei mosti da questa uva ne fa grandissime basi basi spumanti. Ma anche i fermi non sono da meno, con una verticalità impressionante: si tratta di vini delicati e sottili, con profumi mai esagerati.

 

L’altra cantina che ci permettiamo di segnalare è quella di Ermes Pavese e della sua famiglia, frizzante e colorita, come le sue etichette.

Oltre ad una linea, per così dire, tradizionale, Ermes è il primo e unico ad aver tentato la fermentazione e l’affinamento in legno: non insegue nessun modello in voga, non è un vino caricaturale, è un prié blanc, ma dalla fantasia anarchica della famiglia Pavese era naturale aspettarsi una vinificazione inconsueta ed originale.

A noi è piaciuto moltissimo; che pure Ermes ne sia molto soddisfatto ne è prova che al vino ha dato il nome del figlio, Nathan. Anche gli spumanti sono degni di nota, per il lungo affinamento e per la capacità di mantenersi freschi e vivi per parecchi anni.

I sentori di polvere pirica, agrumi, poi fiori bianchi e fieno sono ben presenti, ma, poco dopo, tutto si sintetizza – al chiudere gli occhi – nella sensazione di trovarsi in una malga alpina. Anche i vini fermi della linea base, se si riesce ad attendere qualche anno prima di stapparli, sviluppano corredi aromatici sorprendenti, che vanno da un’insolita pesca tabacchiera, alla gomma e poi allo smalto.

 

Per concludere: la sottozona più alta d’Europa (alla DOC Valle d’Aosta viene aggiunta la menzione Blanc de Morgex et de La Salle); vigneti a piede franco – e ciò significa che la vite conserva in sé stessa inalterata la memoria di secoli di vita, di adattamento, di evoluzione, di interconnessione con l’ambiente circostante; ed, infine, non solo tipicità ma, ancor di più radicalmente, unicità. Solamente qui viene vinificato il prié blanc. E’ vero che si ha traccia di qualche ceppo lungo la Valle d’Aosta, eppure a fondo valle i grappoli magari sì arrivano a maturità fenolica, ma non a quella tecnologica: ossia gli acini sono dolci da mangiare, ma non sono adatti a diventare vino. Il Blanc de Morgex et de La Salle, solo a Morgex e a La Salle si può fare!

L’unico peccato è che nel resto d’Italia non capita spesso di trovare tali bottiglie. Per questo, e per tanto altro, ripartiremmo oggi stesso per la Valdigne.