Si è riunita nelle giornate del 8 e 9 novembre 2023 la commissione di valutazione per la terza edizione della Rassegna Piwi, organizzata dalla Fondazione E. Mach. Il Concorso si propone come opportunità per valorizzare e promuovere la qualità dei vini in gara e le loro peculiarità territoriali.
Sono state più di 100 le etichette inviate dai produttori di vini da varietà resistenti, giudicate da 30 commissari: enologi, enotecnici, giornalisti, sommelier e ricercatori afferenti al mondo agroalimentare si sono incontrati nell’aula Versini del palazzo della Ricerca e Conoscenza della FEM per procedere alla valutazione dei vini, raggruppati in sei diverse categorie.
I vini da varietà PIWI sono ottenuti da uve prodotte da piante che, dopo numerosi incroci e selezioni, hanno dimostrato capacità di resistenza alle principali malattie fungine, e quindi richiedono un numero ridotto di interventi fitosanitari. Il Registro Nazionale delle Varietà di Vino contempla attualmente 36 varietà PIWI e la superficie coltivata con queste varietà supera alcune migliaia di ettari, per lo più nelle regioni del nord-est; in Veneto si trova il numero più elevato di ettari di vigneti; alcuni appezzamenti si trovano anche Emilia e Marche, mentre Lazio e Piemonte sono state le ultime regioni ad autorizzare la coltivazione di queste varietà nelle loro superficie viticola.
Nell’organizzare tale evento, la FEM intende valorizzare anche l’attività di ricerca e sperimentazione sulle varietà tolleranti che recentemente ha portato ad iscrivere del Registro nazionale delle varietà di vite quattro nuove selezioni provenienti dall’attività di miglioramento genetico, con la collaborazione del consorzio CIVIT:. Sono le seguenti: Termantis, Nermantis, Charvir e Valnosia. Relativamente ad esse, in Trentino, poi, il progetto VEVIR ne ha certificato l’ottima prestazione a livello di coltivazione, accanto ai già noti Solaris, Souvignier gris, Bronner, Palma, Johanniter e Pinot Regina.
La cerimonia di premiazione è in programma venerdì 1° dicembre, nell’ambito di un seminario scientifico in diretta streaming sul canale youtube FEM a cui interverranno due tra i più illustri esperti mondiali del settore: il prof. Reinhard Töpfer, direttore del Julius Kühn Institut di Geilweilerhof e il prof. Philippe Darriet, professore di enologia all’Università di Bordeaux e direttore dell’Institute des Sciences de la Vigne et du Vin di Bordeaux (qui il programma della giornata).
Quest’anno è stata la terza volta che Vino Sapiens ha partecipato a sessioni di degustazione presso la Fondazione Mach. In estate, in particolare, avevamo avuto modo di assaggiare 12 campioni di altrettante microvinificazioni sperimentali ad opera della cantina del centro di ricerca (ne avevamo parlato qui).
Nei giorni della rassegna abbiamo aggiunto un tassello ulteriore, con l’assaggio comparato di numerosissime etichette che già sono sul mercato. La degustazione estiva ci aveva convinto della notevole potenzialità qualitativa dei vitigni, anche delle ultimissime nuove varietà registrate. Gli enti di ricerca e di propagazione delle varietà stanno consegnando ai vignaioli vitigni interessanti e atti a produrre vini di qualità, oltre alla loro dote di resistenza alle malattie. Spetta ora ad essi esprimere il loro talento e la loro sensibilità, nella coltivazione e nella vinificazione, scegliendo luoghi di giacitura, sistema di allevamento, protocolli enologici e interventi di cantina. La rassegna è stata un’occasione per avere uno sguardo generale ed imparziale (i vini erano serviti dagli studenti di Fem rigorosamente coperti e anonimi). In attesa della pubblicazione dei risultati e delle valutazioni complessive, si possono trarre alcune conclusioni.
Il fatto stesso che si sia organizzata una rassegna di questo tipo è un dato positivo. La produzione di vini da uve Piwi infatti ha raggiunto livelli di qualità continuativa tale da rendere sensata una graduatoria di merito. Non si tratta più di prodotti sporadici. Come tali, i vini che escono sul mercato possono essere valutati con rigore e obiettività. Nella valutazione complessiva non si può dunque assolutizzare la varietà resistente come criterio unico, prescindere dalla gradevolezza. Un vino da uve PIWI può essere ben fatto, o avere qualche difetto. Tuttavia, nel compararne il livello qualitativo, si dovrà tener conto di espressioni organolettiche in certo senso nuove. Nel valutare la qualità di un vino a base chardonnay, un esperto potrà fare affidamento su canoni consueti e ripetutamente tracciabili. Nel caso di questi vini, invece, non esiste ancora un termine di paragone consacrato da decenni di tradizione.
Una degustazione valutativa da parte di una giuria così variegata e complessa non può che essere un passo in avanti notevole. Così come lo sono, analogamente, molteplici eventi di formazione e degustazione che si vanno diffondendo in diversi luoghi. Il confronto con la critica enogastronomica e con i diversi attori della filiera della comunicazione e della vendita, aiuterà ricercatori e produttori a cogliere al meglio le potenzialità dei vitigni. Ci riferiamo non solo all’ambito prettamente agronomico ed enologico, ma pure alle questioni legate all’appeal generato dalle tematiche sulla sostenibilità. Non da ultimo, si dovranno rivedere le problematiche intorno al posizionamento sul mercato di tali vini. Insomma, c’è molto lavoro da fare, perché da quasi sperimentali e rare, le bottiglie arrivino stabilmente sulle tavole del consumatore finale. Che, di fatto, è quello che più interessa.
Purtroppo, sono le stesse zone dove i vitigni sono allevati ad ospitare, di solito, incontri, convegni, degustazioni a tema; pare che il centro e il sud Italia siano meno interessati o comunque meno toccati dal fenomeno delle varietà resistenti (cf. qui). Per questo, da romani, ci ha fatto molto piacere toccare con mano il fermento di questo mondo di frontiera. La stima e l’amicizia dimostrata verso Vino Sapiens ci hanno incoraggiato. Fra l’altro, nuovi e cordiali contatti con i player di riferimento nella comunicazione di questi vini sono stati davvero interessanti, per future iniziative e collaborazioni. Ma, prima, attendiamo con curiosità la proclamazione dei risultati del concorso, con la pubblicazione delle etichette vincitrici e delle menzioni di merito.
Ora più che mai, #staysapiens.
In un’epoca in cui l’attenzione per l’ambiente è al centro delle preoccupazioni globali, anche la wine industry è impegnata nella promozione di pratiche sempre più virtuose volte al migliore sviluppo possibile della sostenibilità in tutte le sue implicazioni.
Principio chiave nella viticoltura moderna, l’orientamento alla sostenibilità rappresenta l’impegno a produrre vino preservando le risorse naturali, proteggere l’ambiente e migliorare la qualità della vita delle persone coinvolte nelle varie fasi del ciclo produttivo, e delle comunità ad esse collegate.
Inevitabilmente la coltivazione delle viti richiede l’uso di risorse quantomai preziose come acqua, terra e fertilizzanti, ma l’industria vinicola è determinata a ridurre il proprio impatto ambientale.
Un grande lavoro è stato fatto in questa direzione anche al livello politico, si pensi ad esempio al European Green Deal (EGD) oppure al Piano d’Azione per la Transizione Energetica Sostenibile (PATRES) e alle molte altre iniziative degli ultimi anni. Su questa scia l’istituzione di Enti certificatori è stato sicuramente uno strumento utile per consentire alle aziende di dare compiutezza al loro impegno per la sostenibilità, ma anche per ottenere credibilità, differenziarsi, accedere a nuovi mercati e migliorare l’efficienza operativa.
In Italia, diversi Enti certificatori offrono programmi che si concentrano sulla sostenibilità nel settore vitivinicolo. Tra questi ricordiamo i principali:
“Equalitas è la società proprietaria dello Standard originato da un progetto per la certificazione della sostenibilità in ambito vitivinicolo il cui varo, avvenuto nel 2015, ha rappresentato il punto di arrivo rispetto ad anni di esperienze e confronti con il mondo accademico, la ricerca e le imprese.” *
La certificazione Equalitas copre tutti gli aspetti della produzione vitivinicola, dall’impianto del vigneto alla commercializzazione del vino. Il sistema si basa su tre pilastri fondamentali:
Equalitas, sebbene relativamente giovane, ha già certificato circa 1.000 aziende vitivinicole italiane, riscontrando dunque un enorme successo tra i viticoltori. A differenza di altri standard di sostenibilità, il sistema di valutazione Equalitas è stato sviluppato da un gruppo di stakeholder dell’industria vinicola italiana, che ha l’obiettivo di aggregare le imprese per una visione omogenea e condivisa della sostenibilità integrando e sviluppando con particolare riguardo anche il concetto di qualità.
La visione di base consiste nel ritenere che un’azienda debba saper “governare” la sostenibilità avendo come principale traguardo la migliore qualità vitivinicola possibile che è imprescindibile nella mission di un’azienda che produce vino e che deve essere implicito anche nel significato stesso di sostenibilità.
Ogni realtà vitivinicola può aderire gradualmente allo standard Equalitas e si può ricevere la certificazione a livello di azienda e/o di prodotto o addirittura di Denominazione. Proprio questo approccio in costante evoluzione, sembrerebbe essere il potenziale asset strategico per diventare un punto di riferimento chiave volto a incrementare sempre più la sostenibilità nella viticoltura italiana.
La certificazione da parte degli Enti offre vantaggi, anche dal punto di vista economico, davvero significativi per le aziende vitivinicole. Essere in grado di dimostrare un impegno serio, attraverso iniziative volte a migliorare la sostenibilità complessiva e la qualità del prodotto, può infatti incrementare in termini concreti la competitività sul mercato e rafforzare l’immagine del brand presso i consumatori.
Chi acquista vino, in Italia e all’estero, è sempre più attento alle questioni ambientali e sociali, e la certificazione di sostenibilità può influenzare positivamente le scelte. Fino a diventare addirittura il principale discrimine: i consumatori infatti, sono oggi sempre più informati e desiderano avere maggiore cognizione circa le pratiche aziendali utilizzate per produrre una bottiglia di vino. Si pensi ad esempio all’incremento della domanda di vini Bio degli ultimi vent’anni.
Allo stesso modo la nuova generazione di winelovers si aspetta di ricevere dall’azienda vitivinicola rassicurazioni, non solo riguardo le best practice ambientali, ma anche ad esempio, sulle condizioni di lavoro che riserva ai suoi dipendenti e se esse siano adeguate o meno alla migliore qualità possibile di vita.
*Per approfondimenti puoi consultare il sito di Equalitas